1922: I poveri coccodrilli dello Tshuapa nel racconto di Mario Marin

Mario Marin fu uno scrittore viaggiatore cacciatore che partì per il Congo nel 1922 dopo aver combattuto a Fiume e a Zara con i legionari di Gabriele D’Annunzio. Nel 1932, la casa editrice Giacomo Agnelli, pubblicò i suoi diari con il titolo “Na giamba (nella grande foresta): cacce nel Congo Belga”.

Riportiamo qui il testo completo di una delle sue passeggiate fluviali in cui racconta le avventure con i coccodrilli dello Tshuapa.

[p. 143-148] “Se c’è un animale che mi è antipatico, è il coccodrillo. La caccia a questi sauriani è una cosa stupida e non mi ha mai attirato; qualche volta però ho voluto provarmici, quasi per sfogare la mia antipatia per quel brutto lucertolone!

Qui nel Congo i coccodrilli abbondano in tutti i fiumi della colonia, e la loro voracità sparge il terrore nelle tribù rivierasche, fra le quali fanno vittime numerose. Nel mio primo viaggio da Boma, ne ho visti di enormi nelle acque del Congo, specialmente sui banchi di sabbia nei pressi di Coquilhattville, ed anche a Stanley-Pool: abbondano pure nei fiumi minori, ma sono in generale di proporzioni più modeste, pur non cedendola ai loro fratelli maggiori del grande fiume, né per voracità né per ferocia.

Sullo Tshuapa, durante la stagione asciutta, quando le acque sono basse, se ne vedon molti, che se la dormono placidamente, con l’enorme bocca spalancata ed i maligni occhietti semi chiusi: se ne stanno così tutta la giornata, distesi sui banchi di sabbia a crogiolarsi al sole. Vi garantisco che è confortante, quando si scorgono, il sentirsi ben sicuri dalla portata dei loro denti cuneiformi e delle loro dure code, scagliose e potenti!

Nessun pericolo però essi rappresentano per l’uomo quando si trovano sulla terra ferma, perché allora, consci della loro inferiorità, se la battono al minimo allarme; nell’acqua invece, loro naturale elemento, sono veramente terribili e pugnacissimi.

Armati di mandibole formidabili, paurosamente guernite di denti taglienti e triangolari, fanno presto a stroncare un uomo, ed io credo che nell’acqua non possano essere soverchiati da alcun nemico. Gli unici animali che nulla hanno da temere da parte del coccodrillo, sono gli elefanti, gli ippopotami ed i rinoceronti. Quel sauriano però non ha paura dei bufali, e qualche volta fa anche preda di essi, e non teme neppure i grandi felini. Mentre questi animali si abbeverano lungo i corsi d’acqua, stanno generalmente con le gambe immerse, il coccodrillo cauto s’avvicina, li ghermisce e li trascina nel suo liquido elemento. Ho visto qualcuna di queste scene e ne ho provata una impressione agghiacciante. Appena il sauriano ha ghermito la vittoria, e l’ha trascinata nell’acqua è un accorrere di altri coccodrilli, e non si vede allora, che un pandemonio di code agitate e di mascelle cozzanti, fra un gorgogliare di acque: poi, d’un tratto, più nulla.

A maggior ragione un uomo è subito spacciato se cade in acque frequentate da queste bestiacce. Fare dei bagni nello Tshuapa sarebbe un votarsi al suicidio; è penoso, però, con questo caldo e con tutta quest’acqua, non poter permettersi una buona nuotata. Il coccodrillo enormemente vorace, afferra e divora quanto gli capita a tiro, ma preferisce di consueto mettersi in agguato dove usano abbeverarsi i quadrupedi, e ghermire antilopi, bufali giovani e persino leopardi. Quando ne ha la possibilità si porta via anche qualche essere umano!

E’ sovrano dell’acqua, come lo è l’elefante della jungla.

La femmina depone le uova in un buco scavato nella sabbia, o nel limo dei fiumi; poscia le ricopre, vi si sdraia sopra, per lunghe ore, non tanto per imitare le covate dei pennuti quanto per proteggerle dagli indigeni, che ne sono ghiottissimi.

Quando le uova si schiudono, la genitrice ha davvero poco da fare. I piccoli sauriani misurano, al momento della nascita, circa venti centimetri e sono perfettamente capaci di provvedere a se stessi. La madre li guida verso l’acqua, ed i piccoli vi si tuffano e vanno per i fatti loro perfettamente emancipati dai genitori, come se fossero già dei … maggiorenni! Appena nell’acqua incominciano ad attaccare piccoli pesci e lucertole, ma, privi, come sono, di difese e ancora teneri perché non protetti da scaglie che solo in seguito si formano sulla loro schiena, cadono alla loro volta vittime degli uccelli rapaci, che ne fanno strage. I superstiti, assumono ben presto rispettabili proporzioni e diventano i vendicatori dei loro coetanei, caduti vittime della loro debolezza. E’ questo il destino di tutte le specie di animali in questo mondo primordiale, in cui ogni individuo vive una esistenza di lotta continua, sempre cacciato, sempre perseguitato, a sua volta in perpetua caccia di esseri più deboli o menu astuti. La femmina del coccodrillo depone ogni volta da quindici a venti uova, poco più grosse di quelle di un’oca nostrana, ed il loro tuorlo ha un colore bianco sporco; l’albume invece si presenta d’un bel rosso pallido. I nativi dell’alto Tshuapa hanno una paura terribile dei coccodrilli e non sanno dar loro la caccia, quantunque siano molto ghiotti della loro carne: invece altre tribù, come mi è stato narrato, fanno delle vere stragi di coccodrilli, usando per avvicinarli, un curioso metodo di mascheramento, e cioè travestendosi da cespugli. E’ semplice, a quanto pare, ma per far questa caccia, occorre una buona dose di coraggio e una straordinaria destrezza. Ecco come procedono. I cacciatori, tutti coperti di fogliame e di canne, avanziano lentamente, cautamente, mentre i sauriani dormono sui banchi di sabbia; a poco a poco s’avvicinano ai coccodrilli e, quando sono giunti a portata di braccio, avventano sulla testa del sauriano un tremendo colpo di ascia che ne stritola il cranio.

Certamente quei nativi dimostrano un fegato straordinario, perché un coccodrillo adulto con un colpo di coda può, senza difficoltà, accoppare l’uomo più robusto.

Mouline, raccontandomi si queste cacce, mi ha riferito che il sistema va usato solo nelle ore più calde quando i coccodrilli, sdraiati sui banchi di sabbia, se la dormono profondamente, quasi ubbriacati dal sole torrido: allora, un po’ per il torpore ed un po’ perché sulla terra ferma non hanno alcuna agilità di movimento, non sono troppo pericolosi per il cacciatore. Verso il tramonto, quando hanno fame e scendono nell’acqua in cerca di preda, nessuno oserebbe andarli ad attaccare, tanto meno in questo modo. Qui sullo Tshuapa i coccodrilli pullulano, ma, per quanto ne avessi uccisi parecchi durante i miei frequenti viaggi in piroga o in piroscafo, pure non avevo mai organizzata una vera e propria battuta al coccodrillo: perciò, in questo periodo di siccità ne ho voluto compiere una, tra Ikela e Jalusaka.

Credo però che non ne farò più, perché è stata una caccia veramente sciocca e monotona; essa non presenta alcuna difficoltà, e non offre alcuna emozione.

Sono partito in piroga, in un pomeriggio afoso e caldo, e non ho dovuto viaggiare a lungo per avvistare tre coccodrilli, abbastanza grandi, distesi su di un banco di sabbia. Faccio fermare, scendo a terra, giungo a circa trenta metri dal più grosso della triade e gli sparo un colpo con la Winchester, perché a quella distanza non posso usare con successo il calibro 12, carico con le speciali cartucce a nove pallettoni.

L’enorme sauriano, colpito in pieno, dà un balzo e si dibatte, tentando di trascinarsi verso l’acqua, mentre gli altri due si tuffano in tutta fretta. Longondo, mi allunga il calibro 12 e m’avvicino per sparare il colpo di grazia. Ricevuta la scarica, il mostro fa ancora un ultimo balzo rimanendo poi subito immobile.

E’ un esemplare notevole, lungo quattro metri e mezzo; mi soffermo un poco a contemplare la enorme bocca che si prolunga sin dietro le orecchie, e ne ammiro l’aguzza dentatura che forma una specie di enorme sega, capace di tagliare in due un uomo. In poco più di un’ora, quel giorno uccido altri tre sauriani, sempre nello stesso modo e con la stessa facilità; e me ne torno ad Ikela, senza finire la giornata, annoiato di questa caccia dalla quale non ritraggo soddisfazione alcuna.

Alla fattoria i quattro lucertoloni vengono in un baleno scuoiati, squartati e posti al fuoco. Io rinunzio alla carne, ma naturalmente conservo per me le quattro magnifiche pelli.

Sarà certamente la prima ed ultima battuta di coccodrilli, perché manca di quell’elemento emozionante che io considero essenziale, per lo “sport” del fucile; dopo aver provata la caccia al bufalo ed all’elefante, questa diventa una cosa noiosa. Durante le mie passeggiate fluviali, mi servirò di queste bestiacce tutt’al più per esercitarmi al tiro a segno.

 Se c’è un animale che mi è antipatico, è il coccodrillo. La caccia a questi sauriani è una cosa stupida e non mi ha mai attirato; qualche volta però ho voluto provarmici, quasi per sfogare la mia antipatia per quel brutto lucertolone!

Qui nel Congo i coccodrilli abbondano in tutti i fiumi della colonia, e la loro voracità sparge il terrore nelle tribù rivierasche, fra le quali fanno vittime numerose. Nel mio primo viaggio da Boma, ne ho visti di enormi nelle acque del Congo, specialmente sui banchi di sabbia nei pressi di Coquilhattville, ed anche a Stanley-Pool: abbondano pure nei fiumi minori, ma sono in generale di proporzioni più modeste, pur non cedendola ai loro fratelli maggiori del grande fiume, né per voracità né per ferocia.

Sullo Tshuapa, durante la stagione asciutta, quando le acque sono basse, se ne vedon molti, che se la dormono placidamente, con l’enorme bocca spalancata ed i maligni occhietti semi chiusi: se ne stanno così tutta la giornata, distesi sui banchi di sabbia a crogiolarsi al sole. Vi garantisco che è confortante, quando si scorgono, il sentirsi ben sicuri dalla portata dei loro denti cuneiformi e delle loro dure code, scagliose e potenti!

Nessun pericolo però essi rappresentano per l’uomo quando si trovano sulla terra ferma, perché allora, consci della loro inferiorità, se la battono al minimo allarme; nell’acqua invece, loro naturale elemento, sono veramente terribili e pugnacissimi.

Armati di mandibole formidabili, paurosamente guernite di denti taglienti e triangolari, fanno presto a stroncare un uomo, ed io credo che nell’acqua non possano essere soverchiati da alcun nemico. Gli unici animali che nulla hanno da temere da parte del coccodrillo, sono gli elefanti, gli ippopotami ed i rinoceronti. Quel sauriano però non ha paura dei bufali, e qualche volta fa anche preda di essi, e non teme neppure i grandi felini. Mentre questi animali si abbeverano lungo i corsi d’acqua, stanno generalmente con le gambe immerse, il coccodrillo cauto s’avvicina, li ghermisce e li trascina nel suo liquido elemento. Ho visto qualcuna di queste scene e ne ho provata una impressione agghiacciante. Appena il sauriano ha ghermito la vittoria, e l’ha trascinata nell’acqua è un accorrere di altri coccodrilli, e non si vede allora, che un pandemonio di code agitate e di mascelle cozzanti, fra un gorgogliare di acque: poi, d’un tratto, più nulla.

A maggior ragione un uomo è subito spacciato se cade in acque frequentate da queste bestiacce. Fare dei bagni nello Tshuapa sarebbe un votarsi al suicidio; è penoso, però, con questo caldo e con tutta quest’acqua, non poter permettersi una buona nuotata. Il coccodrillo enormemente vorace, afferra e divora quanto gli capita a tiro, ma preferisce di consueto mettersi in agguato dove usano abbeverarsi i quadrupedi, e ghermire antilopi, bufali giovani e persino leopardi. Quando ne ha la possibilità si porta via anche qualche essere umano!

E’ sovrano dell’acqua, come lo è l’elefante della jungla.

La femmina depone le uova in un buco scavato nella sabbia, o nel limo dei fiumi; poscia le ricopre, vi si sdraia sopra, per lunghe ore, non tanto per imitare le covate dei pennuti quanto per proteggerle dagli indigeni, che ne sono ghiottissimi.

Quando le uova si schiudono, la genitrice ha davvero poco da fare. I piccoli sauriani misurano, al momento della nascita, circa venti centimetri e sono perfettamente capaci di provvedere a se stessi. La madre li guida verso l’acqua, ed i piccoli vi si tuffano e vanno per i fatti loro perfettamente emancipati dai genitori, come se fossero già dei … maggiorenni! Appena nell’acqua incominciano ad attaccare piccoli pesci e lucertole, ma, privi, come sono, di difese e ancora teneri perché non protetti da scaglie che solo in seguito si formano sulla loro schiena, cadono alla loro volta vittime degli uccelli rapaci, che ne fanno strage. I superstiti, assumono ben presto rispettabili proporzioni e diventano i vendicatori dei loro coetanei, caduti vittime della loro debolezza. E’ questo il destino di tutte le specie di animali in questo mondo primordiale, in cui ogni individuo vive una esistenza di lotta continua, sempre cacciato, sempre perseguitato, a sua volta in perpetua caccia di esseri più deboli o menu astuti. La femmina del coccodrillo depone ogni volta da quindici a venti uova, poco più grosse di quelle di un’oca nostrana, ed il loro tuorlo ha un colore bianco sporco; l’albume invece si presenta d’un bel rosso pallido. I nativi dell’alto Tshuapa hanno una paura terribile dei coccodrilli e non sanno dar loro la caccia, quantunque siano molto ghiotti della loro carne: invece altre tribù, come mi è stato narrato, fanno delle vere stragi di coccodrilli, usando per avvicinarli, un curioso metodo di mascheramento, e cioè travestendosi da cespugli. E’ semplice, a quanto pare, ma per far questa caccia, occorre una buona dose di coraggio e una straordinaria destrezza. Ecco come procedono. I cacciatori, tutti coperti di fogliame e di canne, avanziano lentamente, cautamente, mentre i sauriani dormono sui banchi di sabbia; a poco a poco s’avvicinano ai coccodrilli e, quando sono giunti a portata di braccio, avventano sulla testa del sauriano un tremendo colpo di ascia che ne stritola il cranio.

Certamente quei nativi dimostrano un fegato straordinario, perché un coccodrillo adulto con un colpo di coda può, senza difficoltà, accoppare l’uomo più robusto.

Mouline, raccontandomi si queste cacce, mi ha riferito che il sistema va usato solo nelle ore più calde quando i coccodrilli, sdraiati sui banchi di sabbia, se la dormono profondamente, quasi ubbriacati dal sole torrido: allora, un po’ per il torpore ed un po’ perché sulla terra ferma non hanno alcuna agilità di movimento, non sono troppo pericolosi per il cacciatore. Verso il tramonto, quando hanno fame e scendono nell’acqua in cerca di preda, nessuno oserebbe andarli ad attaccare, tanto meno in questo modo. Qui sullo Tshuapa i coccodrilli pullulano, ma, per quanto ne avessi uccisi parecchi durante i miei frequenti viaggi in piroga o in piroscafo, pure non avevo mai organizzata una vera e propria battuta al coccodrillo: perciò, in questo periodo di siccità ne ho voluto compiere una, tra Ikela e Jalusaka.

Credo però che non ne farò più, perché è stata una caccia veramente sciocca e monotona; essa non presenta alcuna difficoltà, e non offre alcuna emozione.

Sono partito in piroga, in un pomeriggio afoso e caldo, e non ho dovuto viaggiare a lungo per avvistare tre coccodrilli, abbastanza grandi, distesi su di un banco di sabbia. Faccio fermare, scendo a terra, giungo a circa trenta metri dal più grosso della triade e gli sparo un colpo con la Winchester, perché a quella distanza non posso usare con successo il calibro 12, carico con le speciali cartucce a nove pallettoni.

L’enorme sauriano, colpito in pieno, dà un balzo e si dibatte, tentando di trascinarsi verso l’acqua, mentre gli altri due si tuffano in tutta fretta. Longondo, mi allunga il calibro 12 e m’avvicino per sparare il colpo di grazia. Ricevuta la scarica, il mostro fa ancora un ultimo balzo rimanendo poi subito immobile.

E’ un esemplare notevole, lungo quattro metri e mezzo; mi soffermo un poco a contemplare la enorme bocca che si prolunga sin dietro le orecchie, e ne ammiro l’aguzza dentatura che forma una specie di enorme sega, capace di tagliare in due un uomo. In poco più di un’ora, quel giorno uccido altri tre sauriani, sempre nello stesso modo e con la stessa facilità; e me ne torno ad Ikela, senza finire la giornata, annoiato di questa caccia dalla quale non ritraggo soddisfazione alcuna.

Alla fattoria i quattro lucertoloni vengono in un baleno scuoiati, squartati e posti al fuoco. Io rinunzio alla carne, ma naturalmente conservo per me le quattro magnifiche pelli.

Sarà certamente la prima ed ultima battuta di coccodrilli, perché manca di quell’elemento emozionante che io considero essenziale, per lo “sport” del fucile; dopo aver provata la caccia al bufalo ed all’elefante, questa diventa una cosa noiosa. Durante le mie passeggiate fluviali, mi servirò di queste bestiacce tutt’al più per esercitarmi al tiro a segno”.

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