Iran: Appasseggio tra Achemenidi e Sasanidi a Persepolis, Pasargadae e Naqsh-e Rostam

Nel nostro itinerario nell’Iran centro-meridionale, dedichiamo una giornata intera all’archeologia: Persepolis, Pasargadae, Naqsh-e Rostam.

Lasciamo Shiraz di prima mattina e in meno di un’ora raggiungiamo in pullman la città imperiale di Persepolis, l’antica Parsa, il sito archeologico meglio conservato di tutto il vicino Oriente antico ai piedi della montagna del Kuh-i Rahmat nella catena degli Zagros.

Le rovine di Persepoli ai piedi della catena degli Zagros [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Le rovine di Persepoli ai piedi della catena degli Zagros [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Sono da poco passate le nove e già fa caldo. A una bancarella molti di noi acquistano un berretto con visiera parasole per proteggersi gli occhi dal sole cocente. Ci sarà utile per tutto il resto del viaggio.

Siamo emozionatissimi, stiamo per fare una passeggiata a ritroso nel tempo, nella Persia dei grandi imperatori achemenidi.

Incendiata e saccheggiata da Alessandro il Grande nel 333 a.C., Persepoli giacque abbandonata per secoli fin quando nel 1620 non fu riscoperta da García de Silva Figueroa, ambasciatore spagnolo alla corte del re safavide Shah Abbas.

Fondata da Dario I intorno al 518 a.C., Persepolis non era una fortezza e neppure una residenza reale, ma piuttosto un luogo di rappresentanza dove si celebravano l’anno nuovo (Nowruz), le incoronazioni e le esequie degli imperatori.

Area archeologica di Persepoli [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Area archeologica di Persepoli [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Saliamo la doppia rampa di scale dai comodi gradini bassi che tagliano in due le mura ciclopiche a protezione della città e proviamo a immaginare le lunghe carovane di dignitari che attraversano montagne e deserti per venire a omaggiare e portare doni ai re persiani nel giorno del Capodanno persiano, coincidente con l’equinozio di primavera tra il 20 e il 22 marzo.

Li accoglie, come a noi del resto, la maestosa Porta delle Nazioni, protetta da mitologici mostri d’ispirazione assiro-babilonese con ampie ali, testa umana barbata e zampe di toro, simboleggianti rispettivamente la libertà, la saggezza e la forza.

Dettaglio della Porta delle Nazioni [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Dettaglio della Porta delle Nazioni [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
All’interno degli stipiti un’iscrizione trilingue in babilonese, elamita e persiano antico ricorda che la “Porta di tutti i popoli” fu costruita da Serse, figlio di Dario:

Ahuramazda è un grande dio, egli ha creato la terra, il cielo, l’uomo, la sua felicità, ha dato vita al re Serse, re dei re, comandante di tanti comandanti. Io sono Serse, il grande re, re dei re, il re di tutte le nazioni e di molti uomini, il re di questo mondo vasto e immenso, il figlio di Dario, un Achemenide. Il re Serse dichiara: ho costruito questa ‘Porta di tutte le nazioni’ con il favore di Ahuramazda. Molte altre cose belle furono costruite a Parsa da me e da mio padre.

Persepolis: protomi di grifoni [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: protomi di grifoni [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Najmeh, la nostra efficiente guida, ci ricorda che i primi interventi di restauro di Persepolis si devono agli italiani: negli anni Settanta la responsabilità scientifica degli interventi fu dell’architetto e restauratore Giuseppe Tilia. Ci sentiamo orgogliosi della sapienza italiana nella scienza del restauro architettonico. Per chi scrive è proprio un flashback nel passato, quando da giovane studentessa di archeologia e fotografa alla prime armi condivideva lo studio con lo stimatissimo “Peppe” che orgogliosamente mostrava i rilievi fatti a Persepoli, veri e propri capolavori disegnati a mano. Oltrepassiamo la porta e lentamente attraversiamo i resti dei maestosi edifici che si susseguono: il Viale delle Processioni, il palazzo di Dario I o Palazzo d’inverno, il Palazzo di Serse, la sala per i banchetti e i consigli, l’harem, il tesoro, la Sala delle Cento Colonne.

Bassorilievi nel Palazzo di Dario [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Bassorilievi nel Palazzo di Dario [Foto: Laura Gianzi, CC BY NC ND]
Dovunque, lo sguardo è attirato da dettagli scultorei e architettonici: il bassorilievo di Dario che affronta un animale dalla testa di leone, la coda di scorpione e gli artigli di un’aquila; file di cipressi; teorie di inservienti che trasportano libagioni e otri di vino; esposizioni di fiori a dodici petali; il re accompagnato da due servitori che sorreggono uno scacciamosche e un parasole, capitelli a forma di tori, grifoni o leoni, file di Immortali, i diecimila soldati di fiducia del re.

Persepolis: scena di leone che azzanna un toro, a significare la primavera che scaccia l'inverno [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: scena di leone che azzanna un toro, a significare la primavera che scaccia l’inverno [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: sfilata degli Immortali, i diecimila soldati fedelissimi scelti dal re [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: sfilata degli Immortali, i diecimila soldati fedelissimi scelti dal re [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Bassorilievo con il re accompagnato da due servitori che sorreggono un parasole e uno schiacciamosche [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Bassorilievo con il re accompagnato da due servitori che sorreggono un parasole e uno schiacciamosche [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Quando giungiamo all’apadana, la Sala delle Udienze, rimaniamo letteralmente stregati dalla rappresentazione delle delegazioni disposta su vari registri: i Siriani provenienti dall’Assiria con due grandi arieti, quattro coppe e pelli conciate; i rappresentanti del Gandhara nei loro lunghi mantelli struscianti che portano in dono una mucca; i rappresentanti della Battriana, l’odierno Afghanistan, abbigliati in pantaloni, che portano in dono un cammello; i Babilonesi, vestiti con lunga tunica e copricapo a punta, che portano in omaggio un toro e preziose stoffe; gli eleganti Lidi con meravigliosi vasi con anse a forma di tori alati; gli Armeni nelle loro morbide brache; gli Ioni, dai caratteristici abiti plissettati che recano vasi di miele, gomitoli di lana e preziose stoffe; gli Etiopi dai capelli ricci con un vaso, un okapi e una zanna di elefante; gli Elamiti con pugnali, archi e una leonessa che guardia indietro verso due leoncini; i Sogdiani dal caratteristico copricapo chiuso al collo; i Medi, dalle vesti strette in vita; gli Sciti, che recano in dono vestiario per l’equitazione; i Parti, secoli dopo acerrimi nemici di Roma; i rappresentanti della Cappadocia dai copricapi crestati; i delegati provenienti dall’Arabia con stoffe e un dromedario; i Libici con un caprone, una lancia e un carro trainato da due cavalli; i Drangiani con un toro; gli Indiani con un bilanciere con due ceste e un asino; gli Scudrii con un cavallo, lance e grandi scudi; gli Ari, con una pelle d’animale e un cammello; i Sagarti, gli Egiziani, gli Aracosiani.

Persepolis: la delegazione armena [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la delegazione armena [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la delegazione dei rappresentanti della Battriana [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la delegazione dei rappresentanti della Battriana [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la delegazione dei Siriani [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la delegazione dei Siriani [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Siamo affascinati: metri e metri di bassorilievi sono perfettamente integrati nelle architetture circostanti, centinaia di personaggi sfilano ordinatamente – dignitari, inservienti, soldati – per andare a omaggiare l’imperatore in occasione del Nowruz persiano. Questi straordinari capolavori, la maggior parte molto ben conservati, rappresentano un documento storico incredibile sugli usi e costumi dei popoli assoggettati ai re Achemenidi: la moda, l’abbigliamento, l’artigianato, le armi. Piccole tracce di colore suggeriscono che in origine tutte le scene fossero un tripudio di colore: azzurri, gialli, verdi, rossi…

Proseguiamo la passeggiata archeologica e ci inerpichiamo su un viottolo che sale sulla collina alle spalle dello scavo. In pochi minuti raggiungiamo le tombe rupestri di Artaserse II e Artaserse III. Le facciate, a forma di croce, rispecchiano quelle dei palazzi achemenidi. Slanciate semicolonne con capitelli a teste taurine sorreggono la copertura al di sopra della quale campeggia una teoria di personaggi che simboleggiano le satrapie dell’impero achemenide. Su registro superiore il re, protetto dal dio alato Ahura Mazda, prega presso l’altare del fuoco. Il panorama dall’alto è mozzafiato.

Persepolis: la tomba rupestre di Artaserse II [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Persepolis: la tomba rupestre di Artaserse II [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Torniamo sui nostri passi e, oltrepassata la Porta delle Nazioni, ci soffermiamo a guardare un grande spiazzo con degli alberi a valle dell’acropoli. Qui, nel 1971 lo scià Mohammad Rehza Pahlavi con sua moglie Fara Dibah celebrarono il duemilacinquecentesimo anniversario dell’impero persiano invitando a uno spettacolo durato tre giorni seicento tra regnanti, capi di stato e personalità di tutti i continenti. Per l’occasione lo scià fece allestire una modernissima tendopoli di marca francese per ospitare i suoi illustri ospiti, da Filippo principe di Edimburgo a Ranieri di Monaco con la consorte Grace Kelly, dal presidente russo Podgornij al leader rumeno Ceausescu, dal dittatore indonesiano Suharto all’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié al leader jugoslavo Tito, per l’Italia il primo ministro Emiliano Colombo e i nobili Vittorio Emanuele di Savoia e Marina Doria.

Autonominatosi re dei re, shahansha, lo scià aveva deliziato i suoi ospiti con spettacoli, parate e banchetti curati nei minimi dettagli dal famoso chef francese Maxim che diede il meglio della sua creatività culinaria, proponendo uova di quaglia stufate con caviale, mousse di code di gamberi, pavoni (simbolo della monarchia iraniana) ripieni di fois gras e tante altre delizie annaffiate con vini d’annata e Dom Pérignon Rose 1959 riserva vintage.

Con tale evento, giudicato da molti “una pacchianata, uno spreco enorme e volgare, uno schiaffo al popolo iraniano”, lo scia aveva voluto rappresentare se stesso come degno erede di Ciro il Grande, fondatore della dinastia achemenide nel lontano 546 a.C.

E proprio di fronte alla Tomba di Ciro a Pasargadae lo scià, di origini per nulla nobili, aveva recitato con solennità la frase: “Kourosh, assoudeh bekhab ke ma bidarim”: “Ciro, riposa in pace, poiché noi siamo ben vigili”. Si racconta che nel minuto di silenzio seguito al suo discorso, il vento si sia improvvisamente messo a soffiare facendo volteggiare nell’aria la sabbia del deserto e che la gente abbia pensato che potesse essere la risposta di Ciro alla presuntuosa dichiarazione dello scià.

Anche noi, dopo Persepoli, raggiungiamo nel primo pomeriggio il sito di Pasargadae, nella pianura di Morghan, a 1900 metri sul livello del mare. Qui Ciro II fondò la prima capitale dell’Impero persiano, qui fu sepolto in una bara d’oro su un divano d’oro nella sua tomba in blocchi squadrati di pietra bianca, all’epoca circondata da un lussureggiante giardino.

Il tempo è tiranno e non abbiamo tempo per visitare tutto il complesso archeologico che si estende nella piana circostante, ci limitiamo a omaggiare il grande Ciro, di fronte al suo sepolcro. Narra Erodoto che anche Alessandro Magno volle andare a Pasargadae a visitare la tomba dell’imperatore achemenide. Quando arrivò mandò un suo attendente a vedere come apparisse la tomba, questi tornò dicendo che il sepolcro era vuoto, ma Alessandro lo invitò a tornare e a osservare con maggiore attenzione. Quando l’attendente ritornò, disse di aver letto un’iscrizione in caratteri cuneiformi, ripetuta in elamita, in babilonese e nell’antico persiano che recitava: “O viandante, non so chi tu sia ma so che passerai. Io sono Ciro il fondatore dell’impero persiano, il re dei territori vicini e dei territori lontani. Non essere geloso per il pugno di terra che racchiude il mio corpo”. Si narra che il grande condottiero macedone si commosse e che fece tradurre l’iscrizione anche in greco.

Pasargadae: la tomba di Ciro Il Grande [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Pasargadae: la tomba di Ciro Il Grande [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Ma come nacque l’impero achemenide e chi era Ciro il Grande?

Secondo le fonti e gli studi più accreditati, il suo trisnonno fu il mitico Achemene, fondatore della stirpe, il suo bisnonno Teispe, suo nonno Ciro I, e suo padre Cambise I. Quest’ultimo aveva sposato Mandane, figlia di Astiage re dei Medi. L’impero dei Medi, che Erodoto afferma in antico esser chiamati Ariani, discendeva da una popolazione giunta sull’altopiano iranico nel lontano II millennio a.C. Durò poco più di cinquant’anni e si caratterizzò per le continue guerre contro gli Assiri e la creazione di una confederazione di popolazioni iraniche sottomesse, tra cui i persiani, gli armeni, i lidi e i babilonesi. Alla forza dei Medi che si basava sull’utilizzo di un esercito che adottava strategie e tattiche belliche innovative sfruttando unità specializzate – gli arcieri, i lancieri, la cavalleria – non corrispose un impero solido dal punto di vista organizzativo e culturale, che lo rese estremamente fragile.

Dopo il matrimonio con la principessa meda, Ciro II unificò sotto il suo impero tutte le popolazioni iraniche (i Lidi, i Cari, le città della Ionia) arrivando a conquistare Babilonia il 12 ottobre del 539 a.C., senza combattere e impegnandosi a preservarne usi e costumi, come tramanda il cosiddetto “cilindro di Ciro”, un blocco di argilla di forma cilindrica conservato al British Museum di Londra. L’anno successivo Ciro II consentì agli Ebrei di tornare in patria e di ricostruire il distrutto tempio di Gerusalemme riuscendo in tal modo a garantirsi il controllo dell’area fenicio-palestinese e ponendo le basi per uno dei più estesi e illuminati imperi del mondo.

Leggiamo le riflessioni di Ciro nella sua Ciropedia:

Senofonte, nella sua Ciropedia (I, 1,1-3), riflette:

Ho pensato talvolta a quanti regimi democratici sono stati abbattuti da chi preferiva qualunque altro regime alla democrazia; e ancora quante monarchie e oligarchie sono state distrutte dalle fazioni popolari, e che, di quanti hanno tentato di farsi tiranni, alcuni furono fatti fuori immediatamente, altri invece – indipendentemente dalla durata del loro governo – sono stati ammirati come saggi e felici […] Considerando tutto questo mi ero convinto che un dato uomo su qualunque animale può governare fuorché su altri uomini. Ma quando ho riflettuto che c’era stato Ciro […] fui costretto a ravvedermi.

Pasargadae: la tomba di Ciro Il Grande [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Pasargadae: la tomba di Ciro Il Grande [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Ciro il Grande riuscì a sottomettere anche le popolazioni dell’Iran orientale, la Battriana, il Ghandara, l’Aracosia, arrivando a ridosso della Valle dell’Indo. Morì in battaglia nel 530 a.C. mentre cercava di rinforzare i confini con la Sogdiana (corrispondente agli attuali Tagikistan e Uzbekistan).

L’impero achemenide durò circa 200 anni. Diversi sovrani si succedettero, legittimamente o a seguito di cospirazioni, congiure e assassini. Nel corso di due secoli l’imperò allargò i propri confini incorporando l’Egitto e Cipro, la Tracia, parte della Macedonia, i territori oltre Danubio fino al limitare della Russia meridionale fino al lago di Aral, la Libia, La Nubia. Dario I (522-486 a.C.) organizzò l’impero in 20 satrapie, unificò il sistema tributario calcolato in argento pesato, diffuse l’uso della moneta facendo coniare il “darico” aureo e argenteo.

Il figlio di Dario, Serse I (486-465 a.C.). consolidò l’impero nonostante le ribellioni e con l’appoggio di Macedoni e Cartaginesi si preparò allo scontro con la Grecia. Vinse alle Termopili e conquistò Atene, ma la flotta e l’esercito persiani vennero sconfitti rispettivamente a Salamina (480 a.C.) e a Platea (479 a.C.), costringendo l’imperatore a sottoscrivere la pace di Callia nel 449 a.C.

Ciò nonostante, l’impero achemenide continuò a rappresentare un impero universale, centralista ma “unificante”, multilingue, con un sistema di trasporti, vie commerciali e distribuzione delle acque efficientissimo e con diverse capitali: Susa, che ospitava la corte imperiale, Ecbatana, Pasargadae, Persepoli, città cerimoniale e manifesto propagandistico per eccellenza.

Gli Achemenidi non riuscirono mai a conquistare la Grecia. I successori di Serse, Artaserse I (465-424 a.C.), Dario II Ochos (423-404 a-C), Artaserse II (404-359 a.C.), Artaserse III (359-336) persero via via grosse porzioni dell’impero, che all’epoca rimase comunque il più grande impero del mondo. L’ultimo imperatore persiano fu Dario III Codomano. Durante il suo impero si ebbe il grande scontro con Alessandro Magno che vinse una prima volta al fiume Granico (334) e successivamente a Isso (333 a.C.), aprendosi quindi la strada per l’Egitto, dove fondò Alessandria. Lo scontro finale si ebbe nel 331 a.C. a Gaugamela presso l’antica Ninive, dove la straordinaria cavalleria del Macedone sbaragliò l’esercito dei fedelissimi Immortali.

Alessandro si impadronì del tesoro persiano e diede alle fiamme Persepoli, definita la più ricca città sotto il sole. Dario III venne ucciso durante la fuga dal satrapo battriano Besso che si fece chiamare Artaserse IV ma venne anch’egli ucciso da Alessandro.

Naqhs e Rostam: le tombe rupestri [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: le tombe rupestri [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Concludiamo il nostro itinerario archeologico con la visita della necropoli rupestre di Naqsh-e Rostam, sei chilometri a nord di Persepoli, dove giungiamo al tramonto.

Qui era ubicato un importantissimo centro religioso e funerario degli Achemenidi. Dario I vi fece costruire una torre quadrata in pietra circondata da un recinto sacro, da cui partiva una scala che portava a una cella nella parte alta al cui interno era forse collocato l’altare del fuoco sacro.

Naqhs e Rostam: la torre quadrata, forse un tempio del fuoco [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: la torre quadrata, forse un tempio del fuoco [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Di fronte si staglia una roccia imponente che ospita le tombe di Dario I, Serse I, Artaserse I e Dario II, ricavate in edifici rupestri analoghi a quelli osservati a Persepoli.

Naqhs e Rostam: tomba rupestre [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: tomba rupestre [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Oltre ai rilievi achemenidi sulle facciate delle tombe, osserviamo i rilievi sasanidi alla base della roccia. Il fondatore della dinastia sassanide Ardashir individuò questo come luogo sacro dove celebrare la gloria del suo impero e omaggiare i protagonisti del primo impero persiano.

L’impero sasanide, anche se poco noto ai più, fu uno dei periodi più gloriosi della storia della Persia, nato nel 224 d.C. a seguito della caduta dell’impero partico. Fu l’ultimo impero persiano preislamico, precedente la conquista araba della Persia nel 661 d.C. Qui a Naqsh-e Rostam, osserviamo dei documenti straordinari incisi nella roccia sotto le tombe a croce dei re achemenidi: le battaglie equestri di Hormizid I e II e Vahram II e IV, l’investitura di Ardashir I, Vahram II e Narseh, le cinque scene delle vittorie di Shapur I sugli imperatori romani Gordiano III, Filippo l’Arabo e Valeriano.

Naqhs e Rostam: rilievo sasanide. L'imperatore romano Valeriano si prostra ai piedi del re sasanide Shapur I dopo la sconfitta subita nella battaglia di Edessa [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: rilievo sasanide. L’imperatore romano Valeriano si prostra ai piedi del re sasanide Shapur I dopo la sconfitta subita nella battaglia di Edessa [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: rilievo sasanide. Il combattimento a cavallo del re sasanide Hormizd I [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam: rilievo sasanide. Il combattimento a cavallo del re sasanide Hormizd I [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Indugiamo sulla collinetta in attesa del tramonto del sole, è stata una giornata intensa, un tuffo indimenticabile nella Storia, col desiderio di poter tornare quanto prima in questi luoghi affascinanti che meritano un’esplorazione molto più approfondita.

Naqhs e Rostam al tramonto [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Naqhs e Rostam al tramonto [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
[Maria Teresa Natale, travel designer]

Passeggiata svolta il 29 settembre 2019.

Video di approfondimento:

6 comments

  1. Meglio delle migliori guide in commercio, si riesce a distinguere tanti passaggi storici veramente difficili da conoscere. Viaggio meraviglioso che rifarei . Maria Teresa sei una divulgatrice eccellente.

  2. E’ una perfetta immersione nella storia e nell’archeologia persiana. Concordo con Graziella: c’è tutto l’entusiasmo di questo affascinante viaggio che hai costruito meravigliosamente. Un altro applauso a Maria Teresa!

  3. Un racconto emozionante con un salto nel tempo. Letto con molto interesse e un pochino di invidia poiché non ero tra voi.
    Ma comunque un apprezzamento del grande lavoro di Maria Teresa.
    Carla Colombari

  4. Buongiorno Maria Teresa, sono stato a Persepoli anni fa e le foto che qui vedo ne rendono giustizia.
    Vorrei chiederti un favore: nel piccolo museo (almeno allora era piccolo) alla base di perse poli ci sono alle pareti, tradotte in italiano le frasi di comando di Dario e poi Serse con una formula di rito che è sempre la stessa, di tipo Autocratico.
    E’ possibile avere la copia di questi editti tradotti che sono tradotti in italiano e appesi e incorniciati alle pareti del museo di persepoli? Per me sarebbe importante per gli studi che sto facendo. ti ringrazio e ti lascio la mia mail e il cell. alfonso.galeazzo@ gmail.com cell. 3357091987.
    Alfonso Galeazzo

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