La famiglia sotto la pergola di Felice Carena alla GAM

Suscita sensazioni di quiete ed intimità l’impatto visivo con La famiglia sotto la pergola avvolta dalla luminosa penombra che si diffonde sotto un verdeggiante pergolato, nel bel quadro dipinto a olio su tela dal pittore piemontese Felice Carena (1879-1966), esposto presso la Galleria comunale di arte moderna a Roma (GAM).

Felice Carena, La famiglia sotto la pergola [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Chiara Morabito, CC BY]
Felice Carena, La famiglia sotto la pergola [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Chiara Morabito, CC BY]
Trasferitosi nel 1906 dal Piemonte a Roma, Carena abitò in Via Margutta, centralissimo perno viario lungo il quale già dal primo Seicento si ritrovavano numerose e folte comunità di pittori e scultori. La vocazione artistica della zona si è mantenuta nei secoli, e ancora nel Novecento (come ancora oggi, sia pure in misura meno vistosa e mondana) la via conservava la sua storica allure creativa.

Calatosi in un contesto tanto vivace, Carena poté entrare in contatto con gli artisti, i fotografi e i giornalisti dell’epoca, “marguttani” e non, che animavano la vita culturale romana: erano Giovanni Cena, Sibilla Aleramo, Duilio Cambellotti, e molti altri, e Carena condivise con loro, fra l’altro, le frequenti escursioni alla ricerca di nuove vedute paesaggistiche, in particolare fra Anticoli Corrado (RM) e l’Agro romano. Durante le gite egli rivolse il proprio sguardo tanto al paesaggio quanto alle dure condizioni di vita della campagna romana, così da dare avvio, insieme ai suoi colleghi, a una forma di impegno sociale che si costituì come un fenomeno culturale significativo per la Roma intellettuale dell’epoca.

Durante la sua carriera Carena si dedicò sia alla pittura rigorosamente geometrica e lineare, non distante dalle correnti pittoriche del “Ritorno all’ordine” e della “Metafisica”, sia a quella di stampo impressionistico, basata sulla macchia cromatica e sul  rapido tocco della pennellata. Ed a questa  seconda maniera appartiene La famiglia sotto la pergola (1929), un piccolo nucleo di individui e di affetti composto da un uomo, una donna, una bambina.

A tutta prima si potrebbe pensare che si tratti di un padre, di una madre, della loro figlia, quasi una Sacra Famiglia moderna. Ma, a ben riflettere, potrebbe trattarsi anche di nonno, figlia e nipote. O di suocero, nuora e figlia (dunque ancora una volta nipote). Un elemento, tuttavia, consente di avanzare una ipotesi circa identità e gradi di parentela: è il cavalletto dipinto sul limite destro del quadro, con tanto di tela appoggiata. Esso lascerebbe pensare proprio allo stesso Carena e ai suoi familiari, ipotesi rinforzata da un felice confronto fra il nostro quadro e le poche fotografie che ritraggono l’artista.

Al di là di ulteriori conferme, il legame affettivo che unisce i tre personaggi, già esplicitato dal titolo del quadro, emerge comunque grazie alla espressività pittorica delle figure, identificate o meno che siano.

Vale la pena sottolineare, per inciso, la frequenza del soggetto “pergola” nell’opera di Carena: spesso ricorrono, nei suoi quadri, personaggi che si trattengono o si riposano all’ombra di pergolati, in una stagione presumibilmente tardo-primaverile o estiva, da La pergola (ante 1930, in cui quattro uomini giocano a carte seduti attorno ad un tavolo, un fedele cane ai loro piedi), a Estate. L’amaca (del 1933, in cui una giovane donna riposa appunto distesa su un’amaca, tesa naturalmente fra due alberi).

Torniamo alla nostra Famiglia: al di là dei gradi di parentela, sotto le verdi fronde si trova una famiglia che possiamo immaginare coesa, unita nella vita come nella composizione volumetrica dell’immagine, di impianto piramidale. Lo sguardo dello spettatore scende dalla testa della madre verso la testa dell’uomo, in direzione obliqua, poi scivola verso la bambina e infine risale verso la donna. Altrettanto geometrica è la triangolazione della direzione degli sguardi, tutti divergenti: la donna guarda verso sinistra (destra per chi osserva l’opera), la bambina verso destra (sinistra per chi guarda il quadro), e solo il signore sembra dirigere lo sguardo verso lo spettatore.

Sullo sfondo c’è il pergolato, assai ravvicinato e di cui si può cogliere solo una minima porzione, composto dai rami dell’albero dalla intensa chioma. Pennellate dense e pastose dipingono le sfumature della luce che filtra attraverso i rami nodosi e corposi, intrecciati sopra le teste dei personaggi. I consistenti tocchi di pennello compongono l’immagine e restituiscono l’impressione di un momento della giornata illuminato da un sole vivace ma non cocente.

I volti della bimba e dell’uomo sono più sfuggenti rispetto a quello della donna: i loro occhi sono solo due pennellate di colore, non uno sguardo vero e proprio bensì una rapida traccia di un indispensabile elemento fisiognomico. Tuttavia, nonostante gli occhi appena tratteggiati, i volti non sono privi di personalità, e alle due figure è conferita resa espressiva grazie ad altri elementi: nell’uomo la barba dorata, la camicia bianca e la cravatta nera; nella bambina i capelli e la fresca veste bianca ed azzurra. L’uomo tiene affettuosamente in braccio la bambina, sorreggendola con cura e sicurezza con un gesto della mano. La donna, al vertice della composizione, ha un volto più definito degli altri due personaggi: è pensosa, seria, il viso allungato, il naso affilato, gli occhi forse malinconici.

Carena visse l’ultima fase della propria vita a Venezia, dove morì; nel 2010 la città lagunare ha reso omaggio alla sua pittura con un’esauriente mostra antologica, un’ottima occasione per conoscere il percorso artistico di questo interessantissimo e sensibile pittore, poco noto al grande pubblico ed invece certamente da portare alla fama. Il catalogo è purtroppo difficilmente reperibile, anche on line, ma non è detto che un insistente tentativo non possa andare a buon fine.

[Chiara Morabito]

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