Myanmar: una giornata sul Lago Inle nel giorno del Phaung Daw Oo Pagoda Festival

Ancora con il ricordo di Kakku molto vivido, ci prepariamo a una nuova giornata densa di emozioni. È la volta di un’escursione sul Lago Inle e, inaspettatamente, ci rendiamo conto che è un giorno speciale, perché è la giornata finale del Festival Pahung Daw Oo Pagoda. Si tratta di una festività buddhista molto lunga che dura ben 18 giorni tra settembre e ottobre, a partire dal primo giorno di luna crescente fino al terzo giorno successivo alla luna piena di Thadingyut (corrispondente al settimo mese del calendario birmano), che nel 2018 cade per l’appunto il 27 ottobre.

Nei giorni precedenti quattro delle cinque effigi del Buddha ospitate presso la pagoda Phaung Daw Oo sono state portate in parata su una fastosa imbarcazione da cerimonia trainata da barche, che si è fermata uno o due giorni in ognuno dei 14 villaggi del lago per dare la possibilità ai fedeli di rendere omaggio alle immagini stilizzate dell’Illuminato.

L’ultimo giorno la barca ritorna al punto di partenza e le effigi vengono ricollocate nella loro posizione originaria in attesa dell’anno successivo. E in quest’occasione il lago vive un momento di festa gioiosa.

Ma vediamo come si è svolta la nostra giornata.

Giunti a uno dei pontili del porticciolo di Nyaungshwe, abbiamo pagato il biglietto (che per l’occasione costava il doppio) e ci siamo imbarcate su due affusolate imbarcazioni che trasportano cinque passeggeri più il guidatore. Ci siamo accomodate su delle comode poltrone e il nostro nocchiero ha messo in moto il motore. All’inizio, per un lungo tratto, abbiamo percorso un canale che infine è sbucato nel largo invaso di acqua dolce del lago, ad un’altezza di 920 s.l.m., tra le montagne dello Stato Shan. Il lago è ampio circa 72 chilometri quadrati con una profondità che varia dai 2 ai 6 metri a seconda dei punti e delle stagioni. Ovviamente ne abbiamo visitato solo una porzione.

Verso il Lago Inle da Nyaungshwe [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Verso il Lago Inle da Nyaungshwe [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Quasi subito abbiamo incontrato i pescatori del lago, che stando in piedi a una delle estremità della loro affusolata imbarcazione, appoggiano il remo su una gamba mentre con l’altra si tengono in equilibrio. Solo gli uomini adottano questa strana posizione che consente loro di muoversi più agevolmente tra i canneti mantenendo le mani libere per spostare reti e nasse e osservare i movimenti sull’acqua, mentre invece le donne remano sedute. Nel lago vivono molte tipologie di pesci, alcuni endemici, altri importati, come le carpe. Quale incanto nel vedere le sagome dei pescatori che si rispecchiano nell’acqua sullo sfondo delle montagne Shan. La magia è rotta solo dal rumore dei motori delle imbarcazioni che conducono turisti (per fortuna pochi) e locali nel luogo clou della festa, presso la pagoda Phaung Daw Oo.

Pescatore Intha sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Pescatore Intha sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Quando arriviamo un gran numero di barche si è già ordinatamente disposto ai lati di un canale fiancheggiato da case su palafitte in attesa di qualcosa che ancora non sappiamo bene cosa sia. In pochi minuti veniamo subito circondati da venditori di cibi e oggetti artigianali che insistentemente ma con educazione ci espongono la merce trasportata sulle loro imbarcazioni.

Lo spettacolo è anche osservare i locali che via via giungono sempre più numerosi a bordo delle loro barchette: un gruppo di monachelli, famiglie nei loro colorati abiti tradizionali, giovanotti locali in abiti occidentali e capigliature alla moda, un bambino che tamburella un motivetto sulla chiglia della barca…

Monaci in gita sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Monaci in gita sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Giovani in gita sul Lato Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Giovani in gita sul Lato Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Ed ecco che finalmente scopriamo la ragione di tanta attesa. Seppure a distanza vediamo la nave regale che riporta le effigi del Buddha a casa e a seguire una festosa regata dove squadre di pescatori dei villaggi locali si sfidano a bordo di lunghe imbarcazioni decorate a festa, intonando cori d’incitazione.

Festival Pahung Daw Oo Pagoda [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Festival Pahung Daw Oo Pagoda [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Coppie di barche sfidanti remano lungo il canale verso il traguardo. Talvolta una delle due imbarcazioni si ferma prima, anche se non capiamo bene il perché.

Regata sul Lago Inle in occasione del Festival Pahung Daw Oo Pagoda [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Regata sul Lago Inle in occasione del Festival Pahung Daw Oo Pagoda [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Dopo un paio d’ore, anche se la regata ancora non è finita, ci allontaniamo per esplorare altre parti del lago. Costeggiamo alcuni villaggi di palafitte, tutti abitati dagli Intha (“i figli del lago”), una minoranza di 80.000 anime che vive sull’acqua e che parla un dialetto molto arcaico. Sembra che in origine il lago si chiamasse Inléywa, che significa il “lago dei quattro villaggi” e che dalle trentasei famiglie originarie si sia sviluppata la popolazione Intha.

Oltre che di pesca, gli Intha, riuniti in cooperative, vivono di artigianato. Spostandoci con la nostra imbarcazione di villaggio in villaggio visitiamo laboratori diversi. Iniziamo dal quartiere dei tessitori di loto. Il fior di loto è una pianta acquatica a crescita molto rapida, che trova il suo habitat naturale in acque non troppo profonde e prive di corrente. La sua superficie, molto particolare, la rende idrofobica e quindi costantemente molto pulita.

Fior di loto nel Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Fior di loto nel Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Tra i locali, c’è la credenza che il loto porti fortuna e che assorba le energie negative e gli odori emanati dal corpo. Sembra che la sua coltivazione risalga qui a Inle a circa 150 anni fa quando una donna del luogo riuscì a tessere un abito di loto da regalare a un sacerdote. La lavorazione è complessa e durante la visita di un laboratorio abbiamo avuto modo di osservare l’intero procedimento, dall’estrazione del sottilissimo filo di loto dal gambo del fiore alla tessitura: un’arte antica, che necessità di un lungo e paziente lavoro per ottenere dei risultati. Se per fare una sciarpa sono necessarie due settimane, possiamo immaginare quanto lungo sia il procedimento per produrre una gonna, una giacca, un abito. I prodotti finiti sono ordinatamente esposti, sia nel colore naturale – un beige piuttosto chiaro – sia tinti con motivi vivaci, i prezzi però non sono alla portata di tutti.  Più abbordabili altri manufatti mescolati a seta e/o cotone.

Tessitrice di loto sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Tessitrice di loto sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Seconda tappa: i laboratori di sigari. Un gruppo di donne più o meno giovani siede a gambe incrociate sul pavimento rollando ciascuna ogni giorno circa 500 cheerot (dal tamil curuttu), piccoli sigari cilindrici di color verde scuro con entrambe le estremità tagliate, molto popolari per il loro basso costo. Quelli del lago Inle, arrotolati in una piccola foglia di tabacco, sono aromatizzati da una miscela di banana essiccata, ananas, zucchero di canna, anice stellato, tamarindo, miele, alcool di riso.

I cheerot prodotti sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
I cheerot prodotti sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Terminiamo il giro tra i laboratori artigiani con una visita dagli argentieri. Anche in questo caso si tratta di un’arte che si tramanda di generazione in generazione: osserviamo le varie fasi del processo dalla fusione del materiale grezzo fino alla realizzazione finale dell’oggetto, tra cui un bel pesce d’argento a strati sovrapposti. Accanto al laboratorio, in una grande sala, sono esposti un’infinita varietà di orecchini, collane, bracciali, pendagli.

Argentiere del Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Argentiere del Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Dopo un pranzo in un ristorantino su una casa tradizionale con pareti di bambù intrecciato su strutture di teak, attraversiamo gli orti galleggianti, vere e proprie isole in mezzo al lago nel quale si coltiva ogni sorta di ortaggi: dai pomodori ai cavoli, dai fagioli alle cipolle e così via. Con le nostre affusolate barchette passiamo attraverso gli orti, ancorati al fondo per mezzo di pali di bambù che, malgrado le periodiche variazioni del lago, non vengono mai sommersi dall’acqua.

Orti galleggianti sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Orti galleggianti sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Le colture crescono su uno strato di alghe raccolte dal fondo del lago, poggiato a sua volta su un letto di giacinti d’acqua. Si tratta di una pratica iniziata intorno agli Sessanta del Novecento che però sta provocando danni ambientali al fragile ecosistema del lago. I giacinti d’acqua, infatti, non autoctoni, crescono troppo rapidamente rubando spazio vitale al lago e agli esseri viventi che lo alimentano con le loro sostanze nutritive. In sessant’anni la superficie lacustre è diminuita del 30% tant’è che la guida ci ha raccontato che non è più possibile costruire nuovi orti galleggianti. Nel frattempo, per fortuna, nel 2015 tutta l’area di Inle è stata inserita nella UNESCO’s World Network of Biosphere Reserves. Speriamo che le politiche di protezione riescano a preservare la cultura Intha, messa a forte rischio da pratiche agricole sconsiderate e inquinamento. Tra l’altro certamente non giovano alla salute del lago i sempre più numerosi lussuosi e costosi resort galleggianti per turisti esigenti, insensibili a un turismo sostenibile.

E’ ormai il pomeriggio inoltrato e torniamo velocemente in direzione di Nyaungshwe. Ci ripariamo con gli ombrelli da un acquazzone lampo. Il sole filtra tra le nuvole creando un effetto arcobaleno a pelo d’acqua. Un monastero con annessa pagoda sfoggia forme e colori  per una fotografia che non può venir male.

Monastero sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Monastero sul Lago Inle [Foto: GoTellGo, CC NY NC ND]
Concludiamo la giornata con una piccola avventura per fortuna terminata a lieto fine. Scesi dalla barca, un’estremità del pontile di legno cede e una di noi finisce in acqua seguita a ruota dal nostro fido Zayar prontamente intervenuto per dare una mano e finito in acqua anche lui. Che spavento nel sentire il duplice tonfo… In pochi istanti, i due sventurati sono riusciti a uscire illesi dall’acqua e il tutto è finito in una gran risata, senza ulteriori conseguenze!!! Un ulteriore ricordo che ha reso la giornata al Lago Inle indimenticabile.

[Maria Teresa Natale, Travel Designer] [27 ottobre 2018]

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